Solo Menti

Gianluca Morozzi

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Prima di tutto c’è da dire che sono nato a Bologna nel 1971, ma questo non è particolarmente interessante a livello letterario. Dodici anni dopo essere nato, un giorno in spiaggia ho letto un romanzo della collana Urania. Si intitolava La lunga marcia, era di un certo Richard Bachman (ho scoperto molti anni più tardi che in realtà era uno pseudonimo di Stephen King). L’effetto che ha avuto questa lettura su di me è stato dirompente: ho subito comprato un block notes e ho scritto il mio primo racconto, un supremo orrore chiamato Divoratore cosmico. Per fortuna l’ho perso. Ricordo solo che era ambientato su Nettuno. Dieci anni e cento racconti dopo, finalmente sono riuscito a pubblicarne uno sulla rivista Starmagazine. Si intitolava In the Air Tonight ed era ispirato da un video di Phil Collins (indovinate quale? In the Air Tonight.) Altri dieci anni, e ho pubblicato il primo romanzo, Despero. Con i sogni surreali tipici dell’esordiente avevo immaginato grandi squilli di tromba e titoloni sui giornali, ma, ahimè, uscire in libreria il 12 settembre 2001 ha leggermente nuociuto alla mia visibilità. I giornali, come dire, parlavano d’altro. Nel 2004, però, ho acceso la tv un pomeriggio, e ho visto il mio quinto romanzo Blackout in mano a Maria De Filippi e Aldo Busi, che ne stavano parlando ad Amici. Qualche tempo dopo, Blackout è diventato un film internazionale. Il cattivo della storia era il futuro Ditocorto di Game of Thrones, Aidan Gillen. Il buono era Armie Hammer. Da Despero all’ultimo romanzo uscito, che si intitola Il libraio innamorato, ce ne sono stati in mezzo altri trentotto o giù di lì. Siccome le giornate sono lunghe e io sono pigro (scrivo due-tre ore al giorno al massimo), faccio anche altro. Conduco laboratori di scrittura creativa, per esempio. Ho una trasmissione in radio. Poi ho anche una vita, ho il calcio, ho il Bologna che tormenta i miei sonni dal 1983, ho visto sessantaquattro concerti di Bruce Springsteen, ho le osterie della mia città che mi forniscono grandi spunti creativi. Ho scritto di tutto: i miei amati editori, da Fernandel a Guanda, da TEA a Mondadori, da Castelvecchi a Gallucci, hanno sopportato con pazienza che io spaziassi tra vampiri e supereroi, noir e viaggi nel tempo, gialli della camera chiusa e reincarnazioni, senza dimenticare le mie incursioni come sceneggiatore nel mondo dei fumetti. Credo che sia tutto merito di mio nonno materno, grandissimo narratore orale. Il suo divertimento principale era fare lunghe passeggiate con me e raccontarmi aneddoti scelti della sua vita, scegliendo tra le varie categorie: aspirante ragazzo del circo, meccanico, soldato, partigiano, poliziotto, assicuratore. Ora: incantare un bambino con storie di guerra o di polizia o di circo è facile, roba da dilettanti. Ma tenerlo col fiato sospeso narrando l’appassionate stipula di una polizza incendio-furto, be’, questo è un colpo da fuoriclasse, è talento. Mio nonno, a cinquantun anni, era già nonno. Io, a cinquantun anni, sto scrivendo di un supereroe che cambia poteri ogni dodici ore. E Il libraio innamorato racconta le storie intrecciate di sei personaggi, due che scrivono libri, due che leggono libri, due che vendono libri. Chissà chi di noi due, tra me e mio nonno, si è divertito di più.

SOLO TRE DOMANDE

  • Mi de­scri­vo con solo tre ag­get­ti­vi
    • Autoironico.
    • Creativo.
    • Ottimista.
  • Il solo even­to che mi ha cam­bia­to la vita
    • Pubblicare il primo romanzo, cosa per la quale ringrazio la casa editrice Fernandel.

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