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Le ultime festività a Borgo capitolo 1 di Rita Concetta Reali

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Concluse con successo, divertimento e amore le festività natalizie, Borgo, l’antico feudo unico e raro, sia per bellezza, sia per la particolarità dei suoi abitanti, era tornato alla vita di sempre. Fabrizio, unico signore dell’estesa proprietà sia immobiliare che terriera, nel suo breve discorso, in chiusura della magnifica cena della vigilia di Natale, aveva ribadito i vincoli che univano tutti loro. Un legame d’affetto profondo e indissolubile, che coinvolgeva indistintamente gli abitanti della piccola comunità. Ognuno di loro aveva condiviso con gli altri, gli inevitabili eventi dell’esistenza: dolori, amori, eventi belli e brutti della vita, nel loro intimo ne erano consapevoli ed ora la conferma e la certezza ribadite dalle parole di Fabrizio: l’appartenenza ad una unica famiglia. Nell’animo, specialmente dei giovani, era nato il desiderio di ripetere l’esperienza del recente passato, divertirsi, ritrovarsi ancora insieme e ricreando quell’atmosfera di allegria già vissuta. L’occasione si presentava a breve: la fine e l’inizio del nuovo anno. Marianna, sposa di Fabrizio e madre di nove figlie, frutto del loro felice matrimonio, aveva intuito il pensiero dei ragazzi. Lei stessa propose di organizzare una festicciola, ricalcando le orme derecenti avvenimenti. Musica, danze, canti, in famiglia. Un buffet ricco di specialità di borgo allestito con la collaborazione dei partecipanti. Le giovani, esultarono all’idea della madre, ancora una volta Marianna aveva fatto centro. L’idea fu condivisa all’unanimità e un piacere inaudito invase tutta la comunità. Zia Emma, insegnante di canto e musica in un istituto religioso, cognata di Leandro e sorella di Eleonora, madre di Marianna. La piccola, al tempo del decesso dei genitori, non aveva ancora compiuto un anno, fu affidata prima di morire a Clara la balia e con lei allontanata dalla città per preservarla dal contagio del morbo mortale, si prese cura di lei il fratello del padre, Gualtiero che l’amò come una figlia. Emma traumatizzata dalla morte dell’amata sorella e del cognato Leandro, sconvolta dai drammatici eventi, si allontanò da borgo senza lasciare nessuna traccia di sé. La piccola orfana, per anni rimase all’oscuro del triste passato della sua famiglia. Zio Gualtiero, dopo sei anni riapparve nella sua vita e dopo tantissimi anni, rintracciata la zia, Marianna ebbe la possibilità di conoscere il vissuto dei suoi cari. L’anziana signora, si mise subito al lavoro, convocò i ragazzi di Borgo, al gruppo se ne aggiunsero altri, dotati di uno strumento musicale o di una bella voce. La festa era aperta a tutti gli abitanti, nessuno escluso, invitati a chiudere ed iniziare il nuovo anno in allegria, sperando ed augurandosi ogni bene. A palazzo si respirava un’aria di contentezza condivisa, una frenetica allegra vitalità accompagnava i preparativi.

Marianna, seguiva, come sempre, la regia del prossimo avvenimento. Instancabile e scrupolosa, non trascurava, come suo solito, nessun particolare. Gli invitati di sempre, l’amica di famiglia Gigliola con figlie generi e nipoti, il fidanzato della seconda figlia di Fabrizio: Eleonora. Francesco oltre la nonna, sarebbe venuto accompagnato da due cugini, Emilio e Cesare, ogni anno loro ospiti per pochi giorni. Gli stessi erano cadetti dell’accademia di marina di Livorno. I giovani non presentavano problemi di nessun genere, se la festa fosse proseguita oltre la mezzanotte, per gli anziani si sarebbero allestite strutture di accoglienza per un eventuale pernottamento. Marianna, era a conoscenza, oltre la camera dell’istitutrice, dopo la camera dei giochi, dell'l’esistenza di due ulteriori grandi stanze destinate agli ospiti, finora mai utilizzate. Una squadra di donne, campeggiate da lei, andarono a visionarle. Le camere in questione erano da sempre mantenute in ordine, con una frequenza periodica dal personale di servizio. Gli interventi erano ridotti all’essenziale: arieggiare, pulire pavimenti, spolverare accendere stufe e caminetti, rivestire i letti di belle lenzuola ricamate, profumate di lavanda, catini con brocche d’acqua, asciugamani di lino, bottiglia d’acqua e bicchiere per esigenze di sete. Sicuramente Gigliola, e Virginia, la nonna di Francesco, potevano usufruirne senza obbligare i giovani a interrompere la festa per riaccompagnarle a casa. I genitori di Carlo, marito di Anna, la primogenita, rimandarono la partenza, per partecipare ad un’ulteriore serata di svago e allegria. Anna, pur in attesa di un bambino, non sarebbe mancata all’appuntamento per nessuna ragione al mondo. Carlo, amico fraterno del padre Fabrizio divenne, con l’insolito sofferto matrimonio, anche suo genero. La maternità di Anna iniziava a palesarsi, si intravedeva, pur contenuta, una protuberanza addominale che le donava. Il suo fisico si stava modificando con grazia, la sua bellezza, addolcita dal suo stato, aumentava di giorno in giorno. Carlo con amore e gioia, mista ad una sconfinata apprensione, ammirava la sua giovane sposa, sentiva per lei sentimenti mai provati né vissuti, si incantava nel guardarla, gli sembrava di vivere in un mondo irreale, d’amore, di bellezza e felicità senza limiti. Talvolta questa totale beatitudine lo spaventava, la differenza d’età tra i due era notevole, ma il loro reciproco grande sconfinato amore, ebbe la meglio su ogni pregiudizio. Il cuore gli batteva oltre il normale, poi guardava Anna, il suo sorriso lo rasserenava e tornava ad essere lo sposo più felice del pianeta. La serata iniziò presto. Gli ultimi ad arrivare furono nonna Virginia, i due nipoti e Francesco. Emilio e Cesare si inserirono con simpatia e cordialità tra i convenuti.

Avvertiti dal cugino Francesco, dell’avvenimento, si presentarono vestiti con la divisa dell’accademia. I ragazzi, alti aitanti, molto piacevoli d’aspetto, incantarono i
presenti, in particolar modo le ragazze. La novità fu un’ulteriore attrattiva,
inconsueta e affascinante, donava lustro e fascino alla festa. Marianna fece con
Fabrizio gli onori di casa, si complimentarono con nonna Virginia, che si sentì
piacevolmente inorgoglita. La serata iniziò con l’apertura del buffet, come era
abitudine, gli anziani avrebbero ricevuto un trattamento speciale, seduti ad un
grande tavolo, erano tanti, amalgamati e gioiosi di ritrovarsi ancora insieme,
contornati da meravigliosi giovani. I ragazzi dettero inizio al repertorio, suonando
un allegro motivetto somigliante ad una marcia, come invito alla condivisione delle
delizie culinarie in bella vista esposte sul lungo tavolo. Essi fremevano, non
vedevano l’ora di aprire le danze. Marianna, interpellata dalle figlie, chiese di
pazientare fin quando zia Emma avesse terminato la cena con i suoi nuovi amici e
parenti. La zia, consapevole della attesa dei ragazzi, si liberò molto velocemente.
Essi con il loro entusiasmo le avevano donato tanto amore, simpatia e dedizione,
che meritavano a pieno la sua disponibilità. Emma con loro si sentiva giovane,
desiderata e indispensabile, cosa che la gratificava immensamente, rendendola
felice come non lo era stata mai. L’orchestra si schierò, ognuno posizionato secondo
il proprio ruolo, sia quello dei musici che dei cantanti. I componenti si sarebbero
alternati dando la possibilità ad ognuno di loro di partecipare al divertimento,
assicurando una continuità alla festa. Vittoria avrebbe consolidato il suo ruolo di
presentatrice, colorando con la sua infinita fantasia i titoli dei brani musicali o
canori, con una frase o un aneddoto spiritoso, suscitando ilarità tra gli ospiti.
Fabrizio e Marianna aprirono, come consuetudine, le danze. Le giovani coppie di
ragazzi, in un baleno, si unirono a loro con una gioia senza limiti. L’esperienza
precedente li aveva resi sicuri, questa volta nessuna sorpresa ma tutto organizzato e
approvato con il benestare dei grandi e il loro fattivo aiuto nella realizzazione
dell’evento. Francesco ed Eleonora, tutte le altre sorelle, tranne Maria e Carlotta, le
più piccole, danzavano con i loro compagni di Borgo. Vittoria, la terza figlia, era
attratta dai due cugini di Francesco, non per il loro aspetto fisico, ma dalle loro
uniformi, esse rappresentavano per lei libertà, viaggi, conoscenza di altri mondi
fantastici che fin da piccola aveva sognato. La giovinetta aveva deciso di parlargli,
voleva conoscere le materie di studio sulla navigazione, le rotte attuali, i tempi per
raggiungere località oltre oceano e tante altre cose, la difficoltà era come avvicinarsi
e entrare in confidenza con loro, per soddisfare le sue curiosità. La fortuna le fu
benigna, il padre la chiamò, vicino lui: i due ragazzi in questione, la presentò loro come la figlia della fantasia. Lei fin da piccola, sognava viaggi, mondi sconosciuti,
popolazioni lontane. Emilio e Cesare espressero la loro personale opinione sul
ruolo di presentatrice che stava ricoprendo con grande sicurezza, propria di una
professionista. Emilio l’invitò a ballare, si stava suonando un motivo lento e
armonioso, permettendo alle coppie di parlare con piacere di argomenti a loro
preferiti. Vittoria, dopo il primo momento d’imbarazzo, si riprese, con la sua
simpatia e spontaneità conquistò il giovane, seppe da lui tutto quello che voleva
sapere. Era giunto il momento che la giovinetta riprendesse il ruolo a lei assegnato,
doveva annunciare una breve sosta degli orchestrali, per poi riprendere con danze,
musica e cori. Emilio si prenotò per il prossimo ballo, lei accettò felice, avrebbero
continuato l’argomento che li accumunava affascinandoli e proiettandoli in un
mondo sconosciuto tutto da scoprire. La sospensione fu breve e si proseguì la festa
con entusiasmo, vivacità e godimento.
Allo scadere della mezzanotte fu d’obbligo l’interruzione. I calici si riempirono di
buon vino frizzante e si brindò al nuovo anno con allegria e piacere scambiandosi
auguri, baci e abbracci, tutto contornato dal frastuono di voci eccitate che
auspicavano ogni genere di felicità. Anna, sollecitata da Carlo e da Marianna a
riposare e lasciare la festa, con il candore accompagnato dal suo sorriso, li mise al
corrente dei suoi intendimenti: “ho desiderio di rimanere fino la fine! Dormiremo io
e Carlo nella camera di nonna Anna, madre di Fabrizio, deceduta dopo pochi giorni
dal parto, lei sarà felice come lo sarò io. Sono sua nipote e so per certo che lo
desideri anche lei... non più la stanza museo, ma portare in essa vita e amore.”
Marianna ammutolì sconcertata poi riflettendo pensò che la figlia avesse ragione.
Fabrizio doveva esserne informato, ma come e da chi? Anna non si scoraggiò,
l’avrebbe fatto lei stessa. Fabrizio stava assaporando con profondo godimento il
successo delle figlie più piccole, aveva vicino a se Gioia, la quarta figlia e le gemelle,
Lea, Luciana, frutto della settima maternità. Il trio aveva dato spettacolo di ballo
sia moderno che classico, con una sequenza di movenze impeccabili e aggraziate.
Anche esse furono oggetto d’ammirazione e attrazione dei presenti, furono
premiate con applausi e richieste di repliche. Anna si inserì nei loro discorsi, baciò
sulla guancia il padre, s’avvicinò al suo orecchio gli sussurrò il suo desiderio, poi si
rivolse alle sorelline: “chi di voi vorrebbe che io rimanessi qui fino a domani e
dormissi nella camera da letto di nonna Anna?”. Le bambine dimostrarono con
salti di gioia l’inaspettata evenienza. Fabrizio rimase senza parole, cercò con lo
sguardo Marianna, era accanto a lui, gli sussurrò “amore mio, ha ragione Anna, tua madre ne sarà felice. La sua camera dovrà tornare un luogo d’amore e soprattutto
vissuta ”. Marianna strinse a sé lo sposo con tenerezza, la figlia l’abbracciò, lo
baciò a ripetizione, Fabrizio si convinse che ciò che affermava Marianna era giusto e
lui l’aveva sempre condiviso. Anna aveva un ulteriore piacere da chiedere al
genitore: "babbo lo dici tu a Carlo? Ti prego" Fabrizio, annuì, Anna, una e poi cento
volte gli disse: "grazie". Carlo già si immaginava la risposta, ancora la sua giovane
sposa aveva fatto centro. I due amici, parlottarono tra loro, poi iniziarono a ridere e
considerare che madre e figlia con il loro sconfinato amore ottenevano ciò che
desideravano non solo da loro, sposi innamorati, ma da tutti quelli che
frequentavano. Le due signore erano uniche, da considerarsi preziose e rare, e come
coniugi erano fortunati, oltre la norma, di condividere con loro la vita di ogni giorno. La decisione non programmata arrecava conseguentemente, interventi tempestivi sul pernottamento dei genitori di Carlo e il loro mancato ritorno in città. Essi dovevano, per forza maggiore, pernottare a Borgo. Come fare? Dove sistemarli?Anna, trovò la soluzione: chiamò la sorella Eleonora, la pregò date le circostanze, d’invitare nonna Virginia a dormire con lei nel letto e nella cameretta che avevano condiviso, fino al giorno del suo matrimonio. La camera , inoltre, era più calda riparata e vicino ai servizi igienici. Eleonora si avvicinò alla nonna di Francesco le spiegò l’accaduto, le chiese se fosse stato possibile contare sulla sua disponibilità per fronteggiare questa imprevista emergenza. Carlo ed Anna le sarebbero stati infinitamente grati di poter rimanere alla festa. Nonna Virginia ne fu felice, nella grande stanza degli ospiti si sarebbe sentita smarrita, sola e a disagio. Al contrario, il cambiamento di poter condividere la camera da letto con Eleonora, la sua futura nuora, si trasformava in un grande piacere sia affettivo che pratico. Chiese alla giovane solo la cortesia di accompagnarla al nuovo alloggiamento, per non smarrirsi in quel labirinto e imboccare la porta giusta.
Dopo la mezzanotte, si riprese con rinnovato ardore a ballare e cantare. I giovani
instancabili, gli anziani si arresero, la stanchezza si stava manifestando
inevitabilmente. Ognuno si diresse nelle proprie stanze, gli ospiti a quelle a loro
assegnate. La musica cambiò genere, soffusa, motivi ballabili lenti, al fine di non
arrecare disturbo. Il tono della voce dei ragazzi si attenuò, ma nessuno abbandonò
la festa. Fabrizio fu costretto ad intervenire e porre fine al divertimento. Con un
abbraccio, un saluto affettuoso, i giovani ripresero ognuno la propria strada. Vittoria
si separò da Emilio, con grande rammarico, si promisero di continuare in futuro, il
loro piacere comune con invio di lettere. I ragazzi si sarebbero trattenuti ancora pochi giorni, l’indomani si sarebbero rivisti a pranzo. Eleonora anche lei non si sarebbe mai separata da Francesco.
Gli adulti reduci dai festeggiamenti rimasero nelle loro camere più del consueto.
Anna si svegliò, gustando a pieno, con gioia, la piacevolezza di aver potuto
realizzare il suo recondito desiderio infantile, quello di poter dormire nel letto della
nonna. Carlo, guardandola, scoprì un altro lato del suo carattere. La positività di non
rinunciare ai suoi propositi, tentare fino all’impossibile per sfatare le negatività e i
timori fondati sulla causalità umana. L’ossessione di un triste ricordo può
dimostrarsi crudele più dell’evento realmente accaduto, la sua perpetuazione
struggente trascina inconsapevolmente il dolore negli anni. Ora era giunto il
momento di voltare pagina. Lei c’era riuscita.

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