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ANNA MAMMA capitolo 4 di Rita Concetta Reali

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Le festività avevano lasciato una scia di contentezza generale. La quotidianità di sempre riprese com’era d’obbligo. Le settimane scorrevano veloci, la maternità di Anna era ogni giorno più evidente, il suo ventre aumentava di giorno in giorno. Una mattina, come concordato, Fabrizio, Marianna ed Eleonora dovevano recarsi in città. Il primo aveva un appuntamento con Carlo, come esperto l’avrebbe consigliato nella scelta di un appezzamento di terreno idoneo alla coltivazioni di piante di gelso. Le foglie dello stesso albero rappresentavano l’unico cibo per bachi da seta, il nuovo impianto avrebbe aumentato la produzione della materia prima. Il mercato della seta era costantemente in crescita, era necessario e impellente adeguarsi alle richieste di mercato, al fine di rimanere competitivi. Presero la carrozza guidata da Peppe, arrivati in città, i coniugi si salutarono con il solito affetto, Eleonora aspettava Francesco per proseguire con lui all’università. Inoltre, i fidanzati dopo la lezione della mattina, si sarebbero momentaneamente separati. Eleonora, nel pomeriggio, aveva deciso di seguire una libera conferenza, sulla funzionalità e innovazioni gestionali relative ad una azienda agricola. Il tema la interessava e la coinvolgeva. Acquisire ulteriori conoscenze pratiche, rendendo l’estesa e variegata proprietà di Borgo più amministrabile, modernizzando e snellendo le molteplici attività. Francesco, nel frattempo, era impegnato da un appuntamento per una consulenza notarile. Un suo cliente doveva pianificare una situazione ereditaria delicata e ingarbugliata. Finiti gli impegni, i due ragazzi si sarebbero di nuovo ritrovati. Francesco avrebbe riaccompagnato l’amata a Borgo. Questo era quanto programmato. Gli eventi imprevedibili modificarono trasformando una tranquilla giornata in un putiferio! Fabrizio salì sulla carrozza di Carlo, lasciando l’altra, condotta da Peppe, alle mogli. Marianna ed Anna dovevano andare in sartoria, per sottoporre alla titolare della bottega le nuove creazioni da esporre in vetrina e proporre e mostrare i disegni della nuova collezione estiva. La sosta fu breve, tutti i suggerimenti di madre e figlia furono accettati, lodata la genialità del loro stile, elegante, raffinato, all’avanguardia, moderno nello stesso tempo sofisticato e di classe. Francesco arrivò puntuale, Eleonora si separò dalla sorella e dalla madre. Le due signore, aiutate da Peppe, salirono in carrozza per ritornare a Borgo. Ognuno di loro stava o aveva assolto l’impegno programmato. L’aria frizzante, la gelida tramontana sparita, un sole tiepido irradiava un senso di benessere, il profumo di erba medica e di fieno falciato davano l’annuncio che l’inverno era finito. A metà della discesa del colle, Anna si rivolse alla madre: "Mamma mi sento tutta bagnata" Marianna di rimando: "fammi vedere!" "Mamma, come faccio c’è Peppe!" Marianna: "Peppe guarda la strada non te". C’era poco da vedere, il sedile dimostrava l’evidenza dei fatti. Marianna disse alla figlia "Non è niente! Ti sono rotte le acque, il tuo bambino annuncia che vuol nascere prima" poi rivolta a Peppe "gira a sinistra andiamo da Gino e Rosa, Anna sta per partorire". A Peppe si congelò il sangue, non disse una parola, non fece trapelare l’emozione che lo invadeva, ma con impassibilità, seguì gli ordini di Marianna. Appena arrivati si fermò sotto l’unico albero dell’aia: un grande noce, lasciando Anna sotto la sua ombra. l’uomo iniziò a chiamarli urlando i loro nomi: "Gino, Rosa!" Dopo un attimo i due, moglie e marito, erano di fronte a Marianna, lei chiese il loro aiuto, Anna avrebbe partorito a breve. Il locale del forno, sarebbe stato l’ideale, serviva un tavolo, un materasso, dei cuscini, teli di qualsiasi tessuto puliti di bucato. Il podere era uno dei più vicini a Borgo, lo distingueva il copioso allevamento di bovini di razza. Marianna si era più volte recata con il marito ad ammirare la mandria al pascolo o nell’enorme stalla. Si ricordava che, dopo la stalla e il fienile, c'era un ampio ambiente, pulito e sgombro da qualsiasi attrezzo agricolo, che era destinato solo al forno a legna. La mattina riscaldato a dovere, era stato utilizzato. Il pane a cottura ultimata, lasciato a freddare su lunghi contenitori di legno, posizionati sopra un robusto tavolo. Le pagnotte dorate e croccanti furono immediatamente trasferite al piano superiore e riposte nella madia della cucina. Nell’ambiente era rimasto il tepore del forno, la fragranza della cottura del pane, mischiata al profumo del foraggio, presente nella stanza confinante: il fienile. Rosa, aiutata dal marito, portò un materasso particolare, consisteva in un gran sacco, di tela rustica, tessuto a telaio, ripieno di foglie di granturco. Di esse, si sceglievano le più tenere e si lasciavano asciugare al sole, una volta trattate diventavano l’imbottitura dei suddetti. Fu posizionato sul tavolo, ricoperto da un telo di canapa, su di esso fu adagiata Anna. Nel frattempo Rosa trasportava tutto l’occorrente richiesto da Marianna: catini, tinozza e tanta acqua calda, e altre cose di vario genere necessarie per affrontare l’emergenza. Peppe fu inviato a Borgo ad avvisare Clara trasmettendole quello che doveva fare con la massima urgenza: chiamare la levatrice e il medico, avvisare il direttore dell’opificio di rintracciare Carlo e Fabrizio comunicando loro quello che stava accadendo, inoltre doveva portare tutto l’occorrente che a suo parere sarebbe stato necessario ad Anna ed al bambino; di tutto questo non doveva fare parola con lo zio. Marianna si rammaricava del ritardo del personale medico, Gino, vedendola così sconsolata, le disse: "Signora, questa mattina è nato un vitellino, proprio qui, il veterinario è in zona, se vuole posso rintracciarlo in brevissimo tempo". Anna disse: "Mamma è un veterinario", la madre in risposta: "è sempre un dottore! Stai tranquilla, sono un’esperta di nascite, potresti farcela anche da sola!Andrà tutto bene, meglio del previsto." Poi, rivolta all’uomo: "Corri Gino, non c’è un minuto da perdere!" Anna all’inizio si divertiva vedendo tutto quel trambusto, ma dopo poco l’avvisaglia delle doglie le cambiarono l’espressione del viso, da divertito a sofferente. Marianna era in uno stato di impotenza, la stessa sensazione di dolore che aveva provato per Gioia al tempo del terremoto. Alle sue spalle sentì entrare il veterinario, il Dottor Vinicio era responsabile degli animali dell'azienda, esclusi i cavalli, inoltre amico di Fabrizio. Con uno sguardo e delle domande rivolte ad Anna, fece una valutazione veloce per i tempi che ancora mancavano al parto. Anna provava un imbarazzo incredibile, una sofferenza in più ai forti dolori. Il dottore se ne accorse, chiese a Gino i due trespoli appoggiati alla parete, li mise ai lati della fanciulla, ad ognuno di essi legò con uno spago un telo di robusta tela bianca, in modo da isolare e coprire alla vista di Anna ciò che accadeva dall’altra parte. Dopo poco ritornò Peppe con Clara, la carrozza piena di biancheria, cuscini, coperte e tante altri oggetti utili per tamponare l’imprevista emergenza. Vinicio invitava Anna a spingere proprio nel momento dell’arrivo della contrazione dolorosa. Marianna e Clara, la incitavano "Spingi, spingi, respira, spingi, respira, bravissima, coraggio piccola mia tra poco avrai tuo figlio tra le braccia!" Il piccolo stava per nascere, il quel preciso istante, entrarono medico e levatrice. Marianna alla loro vista si rallegrò, la sua ansia diminuì, mai come in quell’istante era gradita la loro presenza. I due non interruppero l’operato del veterinario, lo spronarono a continuare, tutto si svolgeva nei miglior dei modi. Anna si mordeva le labbra per non urlare, ma l’ultima contrazione fu terribile urlò talmente forte che anche gli animali nella stalla, pur lontani, muggirono all’unisono. Quello che stava accadendo era una sorpresa inaspettata, mancava ancora un mese al lieto evento! Il guardiano dell’opificio ricevette la telefonata di Clara, lo pregò, data l’urgenza di rintracciare Carlo e Fabrizio, il più presto possibile, avvertendoli di dove esattamente si trovava Anna, ripetendo per maggior sicurezza la seconda parte del messaggio. L’uomo corse verso il campo, dove i due, muniti di strumentazione adeguata, stavano rilevando le caratteristiche e la qualità del terreno per accertar la sua validità; l’uomo, appena li vide, correndo verso loro, a gran voce gli comunicò la prima parte del messaggio, la seconda sull’ubicazione di Anna, non la sentirono, lasciarono tutti i strumenti a terra, per un attimo persero ogni cognizione, poi come due furie, si misero a correre verso la carrozza, salirono a cassetta lasciando a terra il cocchiere, partirono a razzo, uno incitava i cavalli, l’altro chiamava Anna, "stiamo arrivando, stiamo arrivando…!" si diressero dritti in città, delusione nera, a casa nessuno, provarono in sartoria, niente le signore erano uscite dalla bottega in perfetta forma, Anna stava benissimo. L’ultima e sola certezza era quella che fosse a Borgo. Trafelati, sconvolti, ripresero la carrozza, Incitavano al massimo l’andatura dei cavalli, pur di arrivare, sorpassarono la deviazione che li avrebbe condotti da Anna, arrivarono a Borgo. La fortuna volle, che prima di attraversare il grande arco, incontrarono Peppe. In pochi minuti il fedele guardiano li mise al corrente dei fatti, li pregò di sedersi in carrozza, lui li avrebbe accompagnati da Anna, i due uomini seduti nell’abitacolo, senza il diversivo di guidare, manifestavano apertamente la loro ansia incontenibile. Ambedue, la testa china e le mani nei capelli, il primo pensando alla giovane figlia, l’altro alla sua sposa bambina. Arrivarono proprio nel momento della nascita, rimasero terrorizzati dall’urlo di Anna, seguito dal vagito del nuovo nato che li distrasse e li tranquillizzò. Uscì il medico, andò incontro a Carlo sorridendo, gle porse la mano e si congratulò con lui: "è un maschio, nulla fa pensare a un bambino prematuro, robusto, sano come un pesce. Anna sta bene" poi si avvicinò a Fabrizio, lo abbracciò, si complimentò per essere diventato nonno. Tutti e due erano smaniosi di conoscere e vedere con i propri occhi il nuovo arrivato, e accertarsi del buono stato di salute di Anna. Marianna uscì nell’aia subito dopo il dottore. Abbracciò Carlo gli disse sorridendo: "è un bambino meraviglioso!" baciò Fabrizio, si rivolse a lui come uno dei nonni più giovane e attraente del mondo. Marianna gli dette un ‘occhiata sommaria, erano due mostri: sudati, spettinati, impolverati, sciatti, nel lasso di tempo necessario alla levatrice di accudire Anna e il bambino, Marianna l’invitò a provvedere ad un veloce riordino del loro aspetto. Puliti, sistemati, aspettavano di essere chiamati. Carlo fu il primo, dopo aver visto Anna e suo figlio, coprendoli di carezze e baci, si allontanò da loro e chiamò Fabrizio, l’amico e suocero. Doveva e voleva condividere con lui questo magico momento. Fabrizio entrò con Marianna, voleva che sua moglie gli fosse vicina, si avvicinò alla sua piccola, l’accarezzò la baciò in fronte, incredulo e frastornato da tanta emozione, guardò suo nipote, uno splendore di bambino. Fabrizio provava un senso di disagio che lo imbarazzava, sentirsi chiamare "Nonno" non gli piaceva, lo faceva sentire anziano pur non essendolo, alla pari di zio Gualtiero. Marianna, aveva intuito la frustrazione e il conflitto interiore dell’animo del marito e doveva, con tutte le sue capacità, risvegliare il giovane uomo che era in lui, amandolo con passione, attrarre la sua attenzione su di lei, distrarlo e superare questa reazione infantile. La coppia uscì lasciando gli sposi soli nella loro intimità. Dopo poco uscì anche la levatrice, le chiesero quando Anna sarebbe stata in grado di tornare a casa, la signora rispose che era prematuro decidere, la notte doveva restare dove era, l’indomani mattina sarebbe tornata con il medico e lui avrebbe espresso il suo parere.Una cosa era certa, Anna doveva evitare scossoni e movimenti improvvisi, da escludere categoricamente la carrozza o altri mezzi simili, doveva rimanere tranquilla e distesa, cercare di recuperare forza e energie. Il piccolo appena appoggiato al petto della madre ne cercò istintivamente il seno, succhiò con prepotenza il suo nettare. Anna e Carlo erano felici, il neo padre era impazzito dalla gioia, la sua amata giovane sposa gli aveva donato oltre se stessa anche un erede. Anna, chiese anche lei del cibo, aveva una fame da morire!Rosa prontamente le portò il brodo di gallina, arricchito da pezzetti di petto del gallinaceo. Anna, lo gradì immensamente, chiese a Rosa anche una fetta di pane cotto la mattina. Rosa le disse: "Subito signora Anna".Anna la trattenne per un braccio, si rivolse a lei: "Rosa, mi conosci da quando sono nata, da piccola mi chiamavi Annina, ti prego continua a farlo, sono giovane, non voglio sembrare o essere una signora, sono e sarò per te la piccola Anna di sempre", Rosa si emozionò e asciugò le lacrime con lo zinale, andò subito a prendere il pane. Anna gustò con piacere immenso il cibo preparato espressamente per lei. Rosa, la mattina, dopo aver sistemato Anna e aiutato Marianna, andò nel pollaio, scelse la gallina più grossa, le tirò il collo, la spennò, immergendola in acqua bollente, la deviscerò, la mise a cuocere in un grande caldaio, pieno d’acqua e aromi sopra la fiamma del camino. Il suo operato riscosse un gran successo, anche i presenti compreso Carlo ne gradirono una tazza molto ma molto volentieri.

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