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I poeti del prenestino labicano: Renato Moscatelli detto “Cannolicchio”

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Renato Moscatelli detto “Cannolicchio”, è da me considerato il poeta “genio loci” del Prenestino Labicano; poeta sui generis, spontaneo “non colto” ma non naif, perché innocentemente adulto, che non scrive ma dice la sue poesie che apparentemente, almeno per lui, non sono poesie; e si meraviglia quando - di quando in quando – il sottoscritto trascrive al volo il suo dire poetico dicendomi: “Ma so' cose così...”. Cannolicchio dice che da adolescente ha avuto dei maestri oratoriali in tal senso e in tal senso, rispetto a “quel loquire” dei suoi predecessori non è proprio nessuno. A fine lavoro molti degli abitanti si riunivano al bar-bisca del glorioso cinema Preneste, sito in via Alberto da Giussano: un po' come il bar all'aperto di “accattonea” memoria, acchittato da Pasolini in via Fanfulla da Lodi: triplice parallela di via Alberto da Giussano. Ora è rimasto questo “nipote”, che però non arriva a “tali poetiche altezze” riguardo allo spontaneo parlar del popolo da cui Renato ha attinto tanto; “nipote” che è a 200 metri dal bar delle origini, che ora è il chiosco confinante con la scuola Giulio Cesare dove Renato frequentò gli anni delle elementari andando a piedi da Borghetto Prenestino alla scuola elementare e ritorno.

 

Un ritratto del Borghetto Prenestino ai tempi di Renato

 

BORGHETTO PRENESTINO di Claudio Monachesi

A Maria e Renato (Cannolicchio), dove si conobbero...

E l'abitato si espanse dalla verde collinetta di Largo Preneste fin giù a villa Gordiani: piccole case fatte su misura in breve tempo dagli stessi occupatori sfrattati (perché omissionanti il regime interguerrico) da quartieri storici (alcuni da Trastevere) dove vivevano la loro faticosa ma gaia esistenza, e gettati da un camion sul prato collinare senza casa come cose senza nemmeno una sedia su cui sedersi o un bicchiere con cui dare da bere acqua ai propri figli e da soli, in principio (...Dio), si dovettero rivestire di tende per fingersi in casa. Altre, piccole case, meno umili, cresciute per lo più intorno alla chiesina, partorite dallo stato farcivano il tessuto dell'esteso Borghetto che, gemello ma meno grande, era anch'esso nato funghivoro nella zona di Tormarancia, al cospetto dell'attuale Regione Lazio: un insieme accozzagliato di simil case denominato crudelmente dagli abitanti limitrofi “Shangai”. In quelle viuzze, vieppiù non asfaltate del Borghetto, migliaia di anime si dimenavano, ognuna consapevole della propria povertà ma della dignità che affrancava la propria vita in vista di momenti migliori che il Fato non aveva loro ancora concesso. Intanto, in quella rete di stradine, tra gli odori della cena e delle stufe a legna, gli innamorati escogitavano con la scusa della spesa (ovvero il litro di latte) un rapido incontro, a un angolo, per elargirsi almeno un bacio.

 

alcune poesie di Renato Moscatelli

 

Ar poeta

Co' le dita 'ntrinte de inchiostro
sopra 'sti foji de carta bianca
ci hai fatto scoprì er monno

 

La foto

Guarda bene questa foto,
bellissima donna,
quel fiore che sta per sbocciare
sei tu.

 

W wattzapp

Bellissimi
i tuoi messaggi cancellati:
dentro ci sono i tuoi occhi
e tutte le cose che non mi
hai mai detto.

 

Fiore

Pe' fasse vedé
s'è arzato più su
de tutti l'artri:
che vanitoso...
er fiore giallo
che nun so
come se chiama.

L'arbicoccolo

E' stato sempre lì
irto su la via Prenestina,
e nessuno s'è mai accorto,
l'arbicoccolo de quann'ero piccolo.

 

solo tre immagini

 

 

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